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| - Il lattante al di sotto di un anno, e soprattutto al di sotto di sei mesi, è ad alto rischio di disidratazione, di cui la prima causa è la diarrea. Questa è principalmente di origine virale. La gestione di una disidratazione comporta la correzione di questa e il soddisfacimento delle richieste idriche e nutrizionali. La valutazione della gravità della disidratazione è l’elemento chiave che guiderà la terapia. La perdita di peso, espressa in percentuale del peso corporeo prima dell’episodio di disidratazione, rappresenta il metodo di riferimento, ma è spesso difficile o impossibile da rilevare. Così, i segni clinici come l’alterazione dell’aspetto generale, il prolungamento del tempo di rivascolarizzazione cutanea, la constatazione di una plica cutanea persistente, occhi infossati, una secchezza delle mucose, un’assenza di lacrime sono i principali elementi che, insieme a tachicardia, pressione arteriosa e diuresi, permettono di valutare la gravità della disidratazione. La terapia si basa sulla correzione rapida del deficit del settore extracellulare. Può essere necessaria un’espansione volemica con 20 ml/kg di una soluzione cristalloide isotonica somministrata per via endovenosa o intraossea nella fase iniziale nei casi più gravi (disidratazione >10%). In tutti gli altri cas, la reidratazione per via orale volta a correggere il deficit idrico in quattro ore è la tecnica di elezione, che si è dimostrata efficace, sicura e rapida. Essa utilizza delle soluzioni per reidratazione adattate, che rispondono a criteri specifici. Il loro uso precoce rappresenta la prevenzione più efficace delle forme gravi e deve essere diffuso più ampiamente.
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